Pasolini Blues

Vi en estos días una extraña película italiana, "Pasolini, un delito italiano." Llama la atención que un film proveniente de allá en la península sea tan interesante como documental-ficción, incluyendo además un juicio, una investigación jurídico-policial, una aproximación seria y cariñosa sobre la muerte nunca aclarada del gran escritor, poeta, cineasta italiano. Homosexual y militante comunista por si fuera poco. No recordaba bien los detalles en torno a su muerte, pero la película deja muy en claro de qué modo las autoridades político-judiciales italianas se esmeraron por dejar frente al público la peor representación posible del homicidio: Pasolini quiso tener sexo con un menor de edad, en un barrio marginal de Roma, y terminó muerto a golpes de garrote, en manos del joven, ante sus intentos de abuso. En el juicio, sin embargo, pareció quedar demasiado en claro una versión mucho menos tranquilizadora para la Iglesia y la derecha italianas, ya que en la muerte habrían intervenido grupos fascistas homofóbicos, que no se cuidaron de borrar cantidad de pruebas que demostraban su presencia en el acto. Pero en fin. En medio de la película, una maestra de barrio le cuenta a sus alumnos sobre la vida de Pasolini, los alumnos la interrumpen a los gritos, con burlas sobre la homosexualidad del poeta, y ella les lee unos versos que P.P.P. escribiera sobre Roma, en donde habla de esa "estupenda y mísera ciudad." Los versos pertenecen a "El llanto de la excavadora," en donde P.P.P. dice que "Sólo el amar, sólo el conocer cuenta, no el haber amado, no el haber conocido. Eso da angustia"


Pier Paolo Pasolini
"il pianto della scavatrice"

Solo l'amare, solo il conoscere
conta, non l'aver amato,
non l'aver conosciuto.Dà angoscia

il vivere di un consumato
amore. L'anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato

della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,

echeggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche

le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d'esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri

piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti

agli ultimi prati: lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare

ancora dolce la sera(...)

Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e feroci
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi ad un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d'estate;

a difendermi, ad offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni eppure sono

fratelli proprio nell'avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare

esperienza i quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognuno, era il mondo.(...)

E' la notte più bela dell'estate.
Trastevere, in un odore di paglia

di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide

risuonano d'incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
sotto festoni di luci ormai sole

verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l'anima era invasa

quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.